Camilla maestra mite
Così definirei Camilla Bella che noi abbiamo avuto la fortuna di conoscere e di apprezzare, io in particolare durante i suoi due mandati di presidente diocesana dell’AC, nel primo dei quali sono stato vicepresidente per il settore giovani (1980-1983): in un contesto sociale e culturale in cui prevale la violenza, anche quella verbale, come dimostra il costume diffuso dei nostri giorni, il dono della mitezza appare particolarmente moderno e necessario; credo che nessuno di noi ricordi momenti d’ira, in cui si va oltre le righe, o cosiddette scenate da parte di Camilla, anche nella gestione non sempre tranquilla dei Consigli diocesani dell’Azione Cattolica. Sul numero di Jesus del mese di Marzo il cardinale Ravasi dedica un’interessante riflessione biblica alla virtù della mitezza che mi ha aiutato a leggere bene anche questo volto di Camilla. “La mitezza non ha solo una dimensione etica, ma si rivela come un dono divino, capace di fiorire nel cuore del credente come amore per l’altro, perdono, rigetto della violenza, fiducia nel giudizio di Dio”. La mitezza è a tal punto un dono divino che Gesù nel Vangelo di Matteo si autodefinisce “mite e umile di cuore” e tale si offre all’imitazione dei discepoli. La mitezza di Camilla non è dunque solo un modo di fare, ma è un modo di essere che si radica, se è permesso questo gioco di parole, nella radicalità della sua esperienza di fede. Non ha mai voluto fare pesare su di me, che ho ricevuto da lei il testimone della presidenza diocesana dell’AC nella primavera del 1986, la sua lunga esperienza associativa, ma mi è stata maestra mite e non solo nel servizio alla chiesa.
Camilla donna coraggiosa
Alla fine degli anni Trenta del secolo scorso non doveva essere una passeggiata ( non era certo una prassi comune come può essere ai nostri giorni) lasciare Acireale per la grande città di Milano, per studiare all’università Cattolica del Sacro Cuore che vive i suoi albori, per conoscere lo stesso fondatore, padre Agostino Gemelli, che aveva intuito la sua statura umana e culturale, per insegnare in Toscana, nella provincia senese, ancora in un’età che oggi non si esiterebbe a definire di “adolescenza prolungata”, se è possibile usare questa espressione. La sua testimonianza non è stata mai esuberante e invadente, ma discreta ed efficace in tutti momenti della sua esperienza di educatrice a scuola e del suo servizio alla Chiesa e alla comunità civile.
Camilla lettrice intelligente della storia del suo tempo.
L’amore per la Chiesa e per la storia del suo tempo si radica nella logica dell’Incarnazione, che obbliga il cristiano a stare dentro, a stare insieme e accanto, a non guardare gli altri con l’atteggiamento del dirimpettaio compiaciuto della sua diversità. Camilla seppe leggere con particolare intelligenza i vari momenti del suo tempo, i cambiamenti, le trasformazioni piccole e grandi che hanno investito la chiesa e la società, è stata una protagonista della vita ecclesiale del pre Concilio e del post Concilio: ha voluto sempre capire ciò che accadeva intorno a sè e fino agli ultimi tempi dava lezione, anche nei colloqui telefonici, di spirito critico e della capacità di andare in profondità, al di sotto delle increspature del mare della storia piccola e grande. Continuava a leggere e a dare agli altri indicazioni di lettura, insegnando anche a coloro che potevano sembrare più immersi di lei nelle vicende della storia.
Un pensiero finale
Camilla avrà recitato tante volte il cantico di Sap 9 con cui si invoca dal Padre il dono della sapienza, quella che sa cosa è gradito al Signore e ciò che è conforme ai suoi decreti, quella senza la quale anche il più perfetto tra gli uomini sarebbe stimato un nulla: sicuramente il Signore ha ascoltato la sua preghiera e le ha fatto dono dai cieli santi della sua sapienza: è stata questa costantemente ed efficacemente la compagna della sua esistenza.
Santo Toscano