Dal 30 aprile al 3 maggio scorsi, si è svolta a Roma la XV Assemblea Nazionale di Azione Cattolica dal titolo: «Persone nuove in Cristo Gesù. Corresponsabili della gioia di vivere». L’assemblea, presieduta da Emilio Inzaurraga, coordinatore del FIAC (Forum Internazionale di Azione Cattolica) e presidente nazionale dell’AC argentina, ha contato la presenza di oltre 1000 partecipanti tra delegati, uditori e ospiti. A rappresentare l’AC acese: Anna Maria Cutuli (presidente diocesano), Daniela Cavallaro (Settore Giovani), Liliana Montemagno (ACR), Letterio Amato (segretario MLAC) e Santo Toscano (presidente del MEIC), in qualità di uditore.
Corresponsabilità la parola chiave della relazione di fine triennio con la quale Franco Miano, presidente nazionale uscente, ha dato il via ai lavori assembleari. «La grande sfida è quella di pensarsi legati gli uni gli altri, responsabili gli uni degli altri, e responsabili insieme del bene che possiamo costruire – ha sottolineato. La gioia è affidata alla possibilità di una responsabilità che si fa corresponsabilità», una corresponsabilità che si traduce nelle scelte fondamentali dell’associazione, alle quali nel corso delle assemblee parrocchiali abbiamo più volte fatto riferimento e che abbiamo poi ripreso anche nel documento assembleare diocesano e regionale. Una corresponsabilità che, tradotta in quelle famose cinque scelte fondamentali, sono riuscita ancora una volta a toccare con mano, sentendomi parte di un progetto più grande, che abbraccia tutta l’Italia «dal Nord al Sud, da Domodossola a Lampedusa, e che ha la ricchezza delle diversità che sanno mettersi assieme», qualcosa di così grande che interessa anche altri Paesi del mondo.
Di questi intensi giorni di lavori assembleari, che hanno visto anche la partecipazione di diversi vescovi e cardinali e che sono culminati il 3 maggio nell’incontro con Papa Francesco, ho portato con me un bagaglio ricco di contenuti, spunti di riflessione, emozioni e relazioni che crescono e si consolidano nel tempo.
Ho vissuto un’esperienza nella quale ho sperimentato ancora una volta la scelta religiosa, rileggendola in chiave diversa, grazie all’aiuto di Franco Miano, declinata non solo nel primato della fede, quella scelta personale di incontro con Cristo su cui va centrata la nostra esistenza, ma nel primato della vita, una vita «abitata dalla presenza di Dio, resa nuova dall’incontro con il Signore».
Ho vissuto un’esperienza nella quale ho sperimentato ancora una volta la scelta associativa e unitaria, emozionandomi nel “sentirmi in tutta Italia contemporaneamente”, nel vedere gli accierrini delle 20 regioni italiane colorare con la loro allegria e unicità la Domus Pacis, nello scoprire che spesso i problemi da affrontare sono difficoltà comuni, nel constatare che «lo stare insieme rappresenta un valore superiore rispetto all’operare da soli», nel godere della presenza dei responsabili associativi provenienti da altre nazioni a testimonianza della dimensione internazionale dell’AC.
Ho vissuto un’esperienza nella quale ho sperimentato ancora una volta la scelta democratica, esercitando il diritto di voto per l’elezione dei nuovi membri del Consiglio Nazionale e partecipando alla discussione della proposta di documento assembleare, all’elaborazione e votazione delle proposte di emendamento, sfociate nell’approvazione definitiva del documento.
Ho vissuto un’esperienza nella quale ho sperimentato ancora una volta la scelta educativa, riflettendo sull’importanza della formazione e la centralità della persona, sulla cura degli educatori e dei responsabili che quotidianamente e gratuitamente donano il loro tempo agli altri; perché, come ci ha ricordato Mons. Nunzio Galantino, segretario generale della CEI, «la capacità di essere lievito nel nostro contesto e corresponsabili non si improvvisa, né la si può mettere in atto per decreto […] Essa richiede un tirocinio spirituale e culturale costante; richiede percorsi formativi adeguati».
Ho vissuto un’esperienza nella quale ho sperimentato ancora una volta la scelta missionaria, accogliendo l’invito di Papa Francesco ad “uscire”, a vivere una Chiesa (e quindi anche un’AC) “en salida”, pronta ad arrivare a tutti, privilegiando chi si sente lontano e le fasce più deboli e dimenticate della popolazione, aprendo le porte e lasciando che Gesù possa andare fuori (cfr. Discorso di Papa Francesco all’udienza con l’AC del 3 maggio 2014). D’altronde non possiamo attendere che siano le persone a venire da noi, dobbiamo essere noi ad andare verso di loro, prendendo posizione, uscendo dall’anonimato e ricordando che si può uscire fuori solo se si è forti dentro! (cfr. Relazione di Franco Miano)
«Non basta però “andare”, “allargare”, si tratta anche di “approfondire”» – ha sottolineato il Card. Angelo Bagnasco, Presidente della CEI, durante l’omelia nella celebrazione del 3 maggio – «approfondire il nostro rapporto con il Signore. Noi andiamo per portare Lui, non noi, le nostre idee, la nostra cultura, la nostra visione di Chiesa; ma Lui e la sua Chiesa senza ideologie, senza presunzioni, con l’umiltà vera dei discepoli che accettano la disciplina del Maestro. E allora non possiamo “uscire” per andare sulle strade, se non siamo capaci di “entrare e di stare” con Gesù. Non si può amare correndo sempre da una riunione all’altra, da un’attività all’altra, senza mai sostare soli con Lui». Ecco l’importanza della preghiera, della relazione personale da instaurare con Lui, della fede che cambia la vita.
Adesso che mi ritrovo a fare sintesi, mi rendo conto di quanto non sia per niente facile, anzi possibile, racchiudere in un articolo tutto ciò che ho vissuto in questa mia prima esperienza di Assemblea Nazionale.
Con la nomina del nuovo presidente nazionale, Matteo Truffelli, ci apprestiamo a vivere una nuova stagione di AC… Come “asini”, perché no! Pronti a vivere pienamente questo tempo, pronti a far sentire la nostra presenza, ad urlare che ci siamo: per costruire, testimoniare, amare; per “rimanere in Gesù, andare ai confini e gioire”.
Voglio lasciarvi così, con le parole pronunciate dal nuovo assistente ecclesiastico generale dell’AC, Mons. Mansueto Bianchi, durante l’omelia del primo maggio sulla figura di San Giuseppe: la grandezza non è nelle cose che si fanno, ma nell’intensità di fede e amore con cui le cose si fanno; un concetto tutto da riscoprire, soprattutto per chi ha l’abitudine di fermarsi all’apparenza piuttosto che andare all’essenza.
Daniela Cavallaro
vice presidente Giovani
Tutte le citazioni prive di indicazioni, sono tratte dalla relazione di fine triennio di Franco Miano.