Ruolo del governo. Il testo interviene sul governo con l’obiettivo di rafforzarne il ruolo in Parlamento. In particolare, esso prevede la possibilità per l’esecutivo di chiedere, in via prioritaria, l’iscrizione all’ordine del giorno della Camera dei «disegni di legge prioritari», ovvero di quei provvedimenti considerati essenziali per l’attuazione del programma governativo. Ciò impone alla Camera di pronunciarsi sulla iscrizione degli stessi entro cinque giorni dalla richiesta e di deliberare nel merito entro settanta giorni: è il cd. «voto a data certa». L’accelerazione prevista in questi casi riguarda anche il Senato, i cui tempi di partecipazione al procedimento legislativo sono ridotti della metà (quindici giorni). Un motivo di differimento – di quindici giorni – del termine di settanta giorni, può comunque essere praticato ove lo imponga la necessità di valutazione nel merito, da parte della commissione competente, oppure quando la complessità tecnica del disegno di legge sia tale da richiedere un tempo maggiore. È rinviata al regolamento della Camera, poi, l’individuazione di tempi e modalità del procedimento, tenuto conto dell’omogeneità del disegno di legge, ma è specificato che sino all’adeguamento del regolamento della Camera il citato differimento non possa essere inferiore a dieci giorni.
Anche alla luce di quanto indicato sopra in relazione al procedimento bicamerale, sono escluse da tale procedura alcune tipologie di leggi: le leggi bicamerali (art. 70, c. 1, Cost.); le leggi elettorali; le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali; le leggi di amnistia e di indulto; le leggi che stabiliscono il contenuto della legge di bilancio; le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni (art. 72, c. 7 Cost.).
Un ulteriore profilo di rilievo riguarda l’istituto del decreto legge (art. 77 Cost.) e il recepimento in Costituzione dei limiti che la legge ordinaria (l. 400/88) e la giurisprudenza costituzionale hanno posto per limitarne l’abuso, nonché per assicurarne la legittimità dal punto di vista della omogeneità di contenuti e finalità. Pertanto, le materie contenute nell’art. 72, c. 5, della Costituzione, per le quali il testo costituzionale prescrive la procedura legislativa normale in aula, non possono essere oggetto di decreti legge. Ancora, sempre in tema di limiti, i decreti-legge: non possono reiterare disposizioni adottate con decreti non convertiti, né, chiaramente, regolare quei rapporti giuridici sorti sulla base degli stessi decreti; non possono ripristinare l’efficacia di norme che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime per vizi non riguardanti il procedimento; debbono recare misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, chiaro e omogeneo anche rispetto alla denominazione.
Quanto alla materia elettorale, è previsto che soltanto l’organizzazione e lo svolgimento delle elezioni possano essere disciplinate con decreto legge.
Quanto alla conversione, è previsto che essa debba avvenire attraverso il procedimento legislativo normale (art. 72, c. 5, Cost.). I disegni di legge di conversione devono essere presentati sempre alla Camera e, nel caso di rinvio presidenziale della legge di conversione, il decreto perde efficacia entro novanta giorni dalla sua pubblicazione.
Il procedimento di conversione contempla una partecipazione del Senato, le cui proposte, entro trenta giorni dalla presentazione alla Camera, possono essere deliberate entro dieci giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge da parte della Camera, non oltre quaranta giorni dalla presentazione dell’esecutivo.
Il titolo V. Il titolo V, parte II, della Costituzione – ambito su cui, com’è noto, è già intervenuto il legislatore costituzionale con l’approvazione della riforma del 2001 (oltre che nel 2005, ma con esito negativo, determinato dalla bocciatura intervenuta con il referendum confermativo del 2006) – è sottoposto nuovamente all’intervento del legislatore.
In tale contesto, un primo profilo, di particolare rilievo, attiene alla circostanza per cui le province cessano di essere articolazione del territorio della Repubblica (art. 114 Cost.); conseguentemente, il testo espunge ogni riferimento a esse in Costituzione. Quanto agli enti di area vasta, al netto dei profili generali affidati al legislatore statale, se ne prevede una competenza regionale. Quanto alle città metropolitane, è previsto un mutamento delle rispettive circoscrizioni con legge della Repubblica, su iniziativa dei comuni, sentita la regione.
Viene, dunque, sottoposto a revisione l’istituto del regionalismo differenziato (art. 116, c. 3 Cost.). In particolare, per le regioni a statuto ordinario, ove possano vantare un equilibrio nel bilancio tra le entrate e le spese, è garantita la possibilità di domandare ulteriori condizioni di autonomia in specifiche materie di legislazione esclusiva dello Stato (art. 117 c. 2 Cost.), e specificamente in tema di: organizzazione della giustizia di pace; disposizioni generali e comuni per le politiche sociali; disposizioni generali e comuni in tema di istruzione, ordinamento scolastico, istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica; politiche attive del lavoro, istruzione e formazione professionale; commercio con l’estero; tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni generali e comuni su attività culturali e turismo; governo del territorio.
Quanto al riparto di competenze tra Stato e regioni, viene superata (almeno formalmente) quella “concorrente”, ovvero quell’ambito materiale regolato dal concorso statale e regionale, in cui cioè lo Stato detta i principi generali della materia e le regioni la normativa di dettaglio.
Contestualmente, operando una sorta di correzione di indirizzo rispetto a quello impresso dal legislatore costituzionale nel 2001, sia pure già in parte avvenuto con la giurisprudenza costituzionale, viene ampliato il novero delle materie di competenza esclusiva statale, in questo modo favorendo un accentramento delle competenze in capo allo Stato. Viene introdotta una clausola di supremazia (cd. supremacy clause), in forza della quale la legge dello Stato, se è il governo a proporlo, può intervenire anche in quelle materie che non sono riservate alla legislazione esclusiva (dello Stato), ove determinate esigenze lo giustifichino – ad esempio la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, la tutela dell’interesse nazionale (art. 117, c. 4, Cost.), facendo seguito alla giurisprudenza costituzionale in tema di sussidiarietà legislativa. La potestà legislativa residuale resta, conseguentemente, per tutte quelle materie che non siano riservate alla legislazione esclusiva.
Alle regioni, pertanto, è attribuita la potestà legislativa nelle seguenti materie: rappresentanza in Parlamento delle minoranze linguistiche; pianificazione del territorio della regione e mobilità al suo interno; dotazione infrastrutturale; programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali; promozione dello sviluppo economico locale e della organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese; servizi scolastici, di istruzione e formazione professionale, di promozione del diritto allo studio, anche universitario, fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche; per quanto di interesse regionale, attività culturali, della valorizzazione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, di regolazione, sulla base di intese in ambito regionale, delle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali della regione per il rispetto degli obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica; nonché in ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, c. 3, Cost.).
Quanto alla potestà regolamentare, viene introdotto il criterio del parallelismo con la funzione legislativa, ferma restando la possibilità del legislatore statale di delegare, con legge, alle regioni la potestà regolamentare nelle materie e funzioni di competenza legislativa esclusiva (art. 117, c. 6, Cost.).
Quanto alle funzioni amministrative, è previsto che esse siano esercitate in modo da assicurare la semplificazione e la trasparenza, nel rispetto dei criteri di efficienza e responsabilità degli amministratori (art. 118 Cost.).
Quanto all’autonomia finanziaria, è previsto che le risorse che derivano dalla autonomia finanziaria regionale e locale debbano assicurare il finanziamento integrale delle funzioni di comuni, città metropolitane e regioni, sulla base di indicatori di riferimento di costo e fabbisogno che promuovano condizioni di efficienza nell’esercizio delle medesime funzioni fissate con legge dello Stato.
Al Senato è richiesto un parere in ordine all’esercizio dei poteri sostitutivi (art. 120 Cost.), fatti salvi i casi di motivata urgenza, nonché i provvedimenti di scioglimento del consiglio regionale e di rimozione del presidente della giunta (art. 126 Cost.).
Occorre specificare, infine, che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano non sono interessate dalle disposizioni di riforma che investono il titolo V della parte II delle Costituzione, ciò sino alla revisione dei rispettivi statuti. In via transitoria, pertanto, alle regioni a statuto speciale e alle province autonome si applica il cd. «regionalismo differenziato», di cui all’art. 116, c. 3, del testo costituzionale vigente, ad esclusione delle materie contenute nel c. 3, dell’art. 117 della Costituzione.
Strumenti di democrazia diretta. Il testo interviene sulle disposizioni relative al referendum abrogativo (art. 75 Cost.) e alla iniziativa legislativa popolare.
Nel primo caso sono previsti due differenti quorum strutturali: in un caso, quando la proposta è stata sottoscritta da cinquecentomila elettori, è la maggioranza degli aventi diritto al voto (quindi resta l’ipotesi nota al testo vigente); in un secondo caso, quando la proposta è stata sottoscritta da ottocentomila elettori, è la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera. Entrambe le ipotesi, poi, fissano nella maggioranza dei voti validamente espressi il quorum deliberativo.
Quanto alla iniziativa legislativa popolare, è previsto un aumento, da cinquantamila a centocinquantamila, delle sottoscrizioni utili per la presentazione delle proposte; ma anche tempi, forme, limiti alla discussione, da assicurare tramite i regolamenti parlamentari, al fine di una deliberazione certa sul contenuto della iniziativa popolare (art. 71, c. 3, Cost.).
È inoltre prevista l’approvazione di una legge costituzionale – che, come anticipato, corrisponde al procedimento bicamerale – per disciplinare condizioni e obiettivi di referendum popolari propositivi e d’indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali (cfr. art. 71, c. 4, Cost.).
Presidente della Repubblica. Al Parlamento in seduta comune, ma non più integrato dei delegati regionali, è affidata l’elezione del presidente della Repubblica, a maggioranza dei due terzi nei primi tre scrutini, dei tre quinti dei componenti dal quarto al sesto, dei tre quinti dei votanti dal settimo in poi, dunque non vi è più l’ipotesi della maggioranza assoluta (art. 83 Cost.).
È previsto che sia il presidente della Camera a svolgere il ruolo di supplenza del presidente della Repubblica, mentre è al presidente del Senato che spetta la convocazione e la presidenza del Parlamento in seduta comune per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica (art. 86, c. 2, Cost.). Quanto ai poteri presidenziali, il disegno di legge interviene sul potere di rinvio delle leggi approvate dal Parlamento, prevedendo il rinvio delle leggi di conversione dei decreti legge, in tal caso il termine per la conversione è differito di trenta giorni. Ed è eliminata l’ipotesi del potere presidenziale di rinvio parziale (art. 74 Cost.).
Corte costituzionale. Il testo di riforma interviene sulle modalità di composizione della Corte, oltre che su alcune funzioni dell’organo. Quanto alla composizione, è previsto che la Camera elegga tre giudici, mentre il Senato due, partendo dalla Camera in sede di prima applicazione del novellato art. 135 Cost. È prevista una integrazione della composizione della Corte (sedici cittadini in possesso dei requisiti per l’elezione della Camera dei deputati) nel caso di giudizio per i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione. È stato introdotto, attesa l’esperienza della nota sen. 1/2014, il giudizio preventivo sulla legittimità costituzionale delle leggi elettorali di Camera e Senato, ove tale domanda sia motivata e sottoscritta da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o da almeno un terzo dei componenti del Senato; il giudizio deve terminare entro trenta giorni dal ricorso; l’accertamento dell’illegittimità costituzionale impedisce la promulgazione della legge (artt. 73, c. 2, e 134 Cost.).
Soppressione del Cnel. Il testo interviene sul Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro prevedendone la soppressione. In particolare si prevede che, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di revisione della Costituzione, il presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per la Semplificazione e la pubblica amministrazione, d’intesa con il ministro dell’Economia e delle finanze, nomini, con proprio decreto, un commissario straordinario chiamato a gestire in via provvisoria il Cnel. Con l’atto di insediamento del commissario, decadono gli organi del Cnel e i suoi componenti. Al commissario è affidato il compito di gestirne il patrimonio immobiliare, la riallocazione delle risorse umane e strumentali, e compiere gli atti necessari al perfezionamento della soppressione dell’organo.