Nella Lettera sul presepe del papa trovo scritto: «Nei nostri presepi siamo soliti mettere tante statuine simboliche. Anzitutto, quelle di mendicanti e di gente che non conosce altra abbondanza se non quella del cuore. Anche loro stanno vicine a Gesù Bambino a pieno titolo, senza che nessuno possa sfrattarle o allontanarle da una culla talmente improvvisata che i poveri attorno ad essa non stonano affatto… I poveri e i semplici nel presepe ricordano che Dio si fa uomo per quelli che più sentono il bisogno del suo amore e chiedono la sua vicinanza».
Il messaggio che viene dal presepe è che non possiamo lasciarci illudere dalla ricchezza e da tante proposte effimere di felicità. Ni mancavanu palazzi a lu re de la natura, ma nasciu tra li strapazzi di na povira mangiatura. Il presepe mi ricorda e mi richiama la rivoluzione dell’amore, la rivoluzione della tenerezza, della condivisione con gli ultimi per rendere questo mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato.
Nel presepe napoletano della nostra basilica vi sono poi tanti personaggi che sembrano non avere alcuna relazione con la scena della Natività. Invece, al contrario, questa fantasia esprime che in questo nuovo mondo inaugurato da Gesù c’è spazio per tutto ciò che è umano e per ogni creatura. Dal pastore al fabbro, dal fornaio ai musicisti, dalle donne che portano le brocche d’acqua ai bambini che giocano…: il presepe napoletano rappresenta la vita quotidiana, la gioia di fare in modo straordinario le cose di tutti i giorni, e Gesù condivide con noi la sua vita divina.
Vieni Signore Gesù, santifica la mia esistenza di ogni giorno.
Don Vittorio