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Quaresima tempo di festa per la Festa di Pasqua

Quaresima è parola piena di tempo. Indica, come è noto, un periodo di 40 giorni. Tempo di tentazione, tempo di prova, ma anche tempo di sfida, tempo di coraggio e di ardimento, come pure tempo di pazienza e di mitezza.

Che cosa dice, oggi, la “tradizione quaresimale”? Il linguaggio ordinario usa il termine “quaresima” in senso decisamente negativo, come sinonimo di “mancanza di gioia”, di “noia”, di “depressione”, di “tristezza”. La Quaresima è stata ridotta alle “pratiche devote di individui pii”.

Oggi – per recuperare il senso autentico della grande tradizione quaresimale -occorre da un lato tornare alle fonti, ma dall’altro ci è richiesto di tornare ad essere fonti. La Quaresima non è un “museo della tradizione penitenziale” e non è neppure una organizzazione di “cose da fare”.

La Quaresima oggi deve rispondere soprattutto ad un bisogno profondo dell’uomo e della donna credenti, quelli di “lasciarsi iniziare alla Pasqua”, ogni anno, in un percorso di 6 settimane, dalle Ceneri fino al Triduo pasquale.

La Quaresima torna così ad essere “tempo festivo” che conduce alla Pasqua; si riconosce di nuovo come “segno” che introduce al mistero storico, escatologico ed ecclesiale del “transitus” – “pasqua” e “passaggio” – di Cristo e della Chiesa.

Alla luce della Pasqua, che è croce e sepolcro vuoto, riscopriamo l’esigenza profonda del “pregare”, del “fare penitenza” e del “digiunare”. La Quaresima è allora itinerario sacramentale di iniziazione al mistero: per la accoglienza nel discepolato e per un discepolato accogliente.

Le “pratiche penitenziali” che la tradizione ci ha consegnato meritano un accurato discernimento, ma anche esigono un radicale ripensamento. Recuperare la preghiera come “un altro parlare”, la penitenza come “un cambiare vita”, il digiuno e l’elemosina come “relazione sciolta con i beni, con la libertà, con la sessualità” costituiscono una sfida non piccola per arrivare – o tornare – al mistero pasquale con il tesoro di “esperienza espressa” che la Quaresima ci fa scoprire. Perché la “Pasqua annuale” sia “simbolo” che non solo dà a pensare, ma anche a “parlare”, a “comunicare”, ad “ascoltare”, a “mangiare”.

In questa prima domenica non dobbiamo avere paura della tentazione; non è posta sul nostro cammino come occasione di peccato, ma di vittoria. Entriamo nel combattimento spirituale insieme con Cristo Signore che ci permetterà di ridire nella veglia di Pasqua il “si” incondizionato del nostro battesimo alla volontà di Dio.

Don Vittorio

Pubblicato il 3 Marzo 2017