E’ tempo di Natale. Già da parecchio tempo le pubblicità televisive ci hanno inondato di luci, decori, cenoni e panettoni. Le nostre città e le nostre case la sera risplendono illuminate. E’ il segno della festa che viene. Molti sono i simboli che la richiamano: intanto i colori rosso, verde e oro soprattutto. E poi angioletti, orsacchiotti, elfi, slitte, babbi Natale, candele colorate e pupazzi di neve. Tutto deve contribuire a creare un’atmosfera magica che possa commuoverci e renderci più buoni. Ma questa è solo la scenografia. Al centro della scena deve brillare un solo personaggio: un bambino povero che nasce bisognoso di tutto in un ricovero di fortuna da genitori stremati per un lungo cammino.
Nelle nostre chiese è già cominciata la novena, e tutti stiamo preparando il presepe. Muschio, carta stellata, statuine in cartapesta o terracotta, laghetti finti e pecorelle. Io però quest’anno il presepe me lo immagino così: la capanna è un barcone rovesciato, il Bambinello ha il giubbotto salvagente, Maria con la carnagione scura e un turbante colorato sui capelli, san Giuseppe avvolto in una coperta termica oro e argento e i pastori con le pettorine gialle dei volontari o le uniformi della guardia costiera o i camici dei medici. Un segno universale immediatamente comprensibile da ogni uomo di buona volontà. E non importa la razza, il colore, la cultura o la religione. Basta che apriamo il cuore all’accoglienza.
Anna Maria Cutuli